Il lavoro agile nella PA fra linee guida e change management

Il 9 dicembre del 2020 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato delle linee guida per redigere il POLA (Piano Operativo del Lavoro Agile) da inserire nel piano della performance 2021; dopo pochi giorni ha pubblicato un template per aiutare le pubbliche amministrazioni nella redazione. Al di là dell’opportunità di uscire sullo stesso argomento a così poca distanza, la domanda da porsi è se le linee guida servono per stilare un documento o per realizzare un progetto organizzativo di portata epocale e destinato a cambiare il profilo della nostra pubblica amministrazione in maniera radicale.

Le pubbliche amministrazioni stanno realizzando, forse a loro insaputa, un progetto di change management ambizioso e complesso nell’attimo in cui si apprestano a strutturare una tipologia di smart working nata quasi un anno fa senza un’attenta progettazione sulla scia della emergenza sanitaria. Ora, c’è la necessità di razionalizzare un processo, promuovere un attento coordinamento, ed individuare una funzione di accompagnamento che coinvolga di fatto tutte le funzioni aziendali: dalla gestione delle risorse umane all’informatica, dalla formazione all’organizzazione, dalla logistica agli aspetti sindacali, dalla sicurezza del posto di lavoro alla privacy e alla dematerializzazione, senza la quale il lavoro a distanza non è possibile.

Le line guida poco o nulla si soffermano su come si realizza un progetto di questa portata dando per scontato che tutti conoscono gli strumenti del project management organizzativo e del change management in particolare, delegando ai dirigenti la realizzazione, come è giusto che sia, del progetto più importante della nostra PA. Un messaggio, tuttavia, traspare in filigrana dalle linee guida che suona come un “arrangiatevi” che contraddice lo spirito di ciò che dovrebbe essere una linea guida.

Chi si prende quindi la responsabilità di immaginare, ideare, progettare, la nuova organizzazione e far funzionare il cambiamento ed intravederne i benefici? A chi è assegnato il compito di immaginare il profilo futuro dell’ente di domani? Chi deve delineare un possibile percorso facendo leva sulle risorse disponibili? È chiaro che non è un processo delegabile ad una sola persona, come si sta facendo invece con la stesura del POLA, serve un gruppo di lavoro armonizzato e composito con sensibilità tecniche diverse e complementari che sia in grado di scaricare a terra tutta la grande potenzialità del progetto smart working. Un progetto, che è appunto di change management, perché coinvolge tutta la struttura ed i comportamenti di tutto il personale dell’ente e dove è necessario che il vertice aziendale ci metta comunque la faccia e non deleghi con superficialità al primo dirigente libero da altri impegni.

Quegli enti che hanno iniziato a confrontarsi con l’implementazione del lavoro agile sanno che essa non consiste nella redazione di un semplice piano – adempimento iniziale necessario ma non sufficiente – ma serve realizzare un progetto organizzativo destinato a cambiare il profilo operativo dell’ente, se si vuole evitare di realizzare a distanza la stessa burocrazia che prima si realizzava in presenza. Non è un caso che chi si è già cimentato con questo esercizio della lista delle cose da fare da appendere in un’ipotetica bacheca di foglietti colorati – uno per ogni funzione coinvolta – ha individuato oltre cento post-it, punti di attenzione, che non possono essere distribuiti in un semplice elenco come se fosse la lezione di virgole da Totò a Peppino. Ogni post-it è una singola nota che deve contribuire a comporre una partitura rispettando le regole dell’armonia e della melodia, tutti insieme vanno articolate per tipologie di strumento tenendo conto delle chiavi di lettura: chiave di violino, chiave di basso, si bemolle, sociologia del lavoro, informatica, gestione delle risorse umane, logistica, cyber scurezza, formazione etc.

È importante rendersi conto che nell’agenda delle pubbliche amministrazioni, in questo momento storico, non c’è l’adempimento di predisporre un documento da incorporare nel piano della performance, ma c’è un progetto organizzativo di grande portata. È la solita storia: mettendo un mattone dopo l’altro si può costruire un semplice muro o una cattedrale. Qui c’è in gioco la realizzazione della cattedrale, un’occasione unica che non possiamo fallire: dal progetto lavoro agile di oggi dipenderà il futuro delle nostre PA per i prossimi trenta anni e quindi del nostro paese in un momento in cui, per effetto del Recovery Plan, non ci sarà più, ci auguriamo, neanche l’alibi della carenza di fondi a disposizione.


Luciano HinnaProfessore Università Roma Tor Vergata e Universitas Mercatorum