L’indagine di Promo P.A. svela la verità sulla PA chiamata alla prova dello smart working

Tutto bene? non proprio. In due mesi recuperati i ritardi di 3 anni ma non senza criticità. Tra le lacune più preoccupanti la mancanza di protocolli di sicurezza informatica e i problemi di connessione

Non più dunque appannaggio quasi esclusivo di poche illuminate realtà private o pubbliche, lo smart working, incentivato e liberalizzato dal Decreto Legge Cura Italia, si fa strada largamente nel mondo della Pubblica Amministrazione. Promo PA Fondazione ha realizzato l’indagine “La verità sullo smart working” attraverso interviste rivolte ad un campione ragionato di 50 dirigenti apicali del settore pubblico, al fine di identificare luci, ombre e prospettive di quello che potrebbe essere il nuovo modus operandi nazionale anche post emergenza sanitaria.
I risultati evidenziano che le amministrazioni si sono trovate con il respiro corto nel dover implementare in fretta e furia questo strumento poco diffuso nella PA – ancorché già disciplinato dalla Legge 22 maggio 2017 n. 81, tant’è che circa un quarto delle Amministrazioni non si erano dotate di regolamento, che è stato adottato, quando possibile, d’urgenza.
In termini di diffusione tuttavia l’Italia è allineata allo scenario internazionale. E’ quanto emerge incrociando i dati della ricerca italiana con un’indagine inglese: la prima rileva una media di lavoratori in SW (Smart Working) che varia dal 60% all’80%,in linea col monitoraggio effettuato dal Dipartimento della Funzione Pubblica, la seconda, “Homeworker Wellbeing Survey” condotta dall’Institute for Employement Studies, registra in UK una percentuale del 71%.
La modalità del lavoro ‘smart’ nel settore pubblico, sebbene rappresenti una soluzione obbligata in questa fase e possa in futuro essere anche un’opportunità per i lavoratori, al fine di migliorare la relazione tra professione e qualità delle vita personale, richiede una serie di cambiamenti nella PA, che necessariamente dovrà passare dal potenziamento delle infrastrutture digitali e dalla rivisitazione dei modelli organizzativi. La fotografia scattata dalla ricerca Promo PA evidenzia infatti una serie di criticità:

  • Rischi sulla sicurezza informatica dovuti all’utilizzo di PC personali

A fronte di una percentuale dell”81% di lavoratori inglesi che esercita la propria attività su portatili forniti dal datore di lavoro, nella PA italiana il 50% dei rispondenti dichiara che meno del 40% dei dipendenti lavora su PC aziendali (con valori che scendono fino al 10% nel caso di alcuni Comuni). Questo comporta un evidente impatto negativo sulla sicurezza informatica, in quanto l’accesso ai data base degli Enti tramite PC personali, privi dunque di adeguati requisiti di sicurezza, implica un elevato rischio hackeraggio, violazione di privacy e perdita controllo dati.

  • Problemi di connessione internet e difficile adeguamento culturale al nuovo contesto di lavoro

ll 50% dei rispondenti ha enfatizzato le suddette problematiche relative al 30% dei lavoratori in smart working. L’affidabilità delle connessioni Internet da un lato, e la capacità dei lavoratori in SW di adattarsi al nuovo contesto in termini di maggiore capacità organizzativa, senso di responsabilità e approccio al lavoro per obiettivi dall’altro, sono invece aspetti essenziali per il successo dello smart working.

  • Gap di produttività del 30% in meno rispetto al lavoro in presenza

In termini di produttività, adeguamento organizzativo e collaborazione fra uffici si evidenzia un gap complessivo pari al 30%. Ciò sembra produrre – come denunciato dal mondo imprenditoriale – ritardi diffusi nella emanazione dei nuovi bandi di appalto, nel rilascio di concessioni, di autorizzazioni e licenze, che hanno e avranno sempre più un impatto dirompente sulle economie locali, sommandosi alla già difficile situazione economica.

Le conclusioni cui giunge Gaetano Scognamiglio, Presidente di Promo PA Fondazione, ipotizzano una modalità lavorativa smart nella PA, destinata almeno in parte a consolidarsi nel dopo-epidemia ma che deve necessariamente prevedere – in linea con i risultati dell’indagine – interventi per migliorarne l’utilizzo su due fronti : 1. l’attivazione di un piano di investimenti nella digitalizzazione e nelle tecnologie; 2. l’avvio di un percorso formativo a 360° rivolto a tutti i dipendenti, al fine di implementare un nuovo metodo di lavoro, basato su una collaborazione orizzontale, sull’uso costante di tecnologia e su obiettivi condivisi.

L’indagine qualitativa si è basata su interviste dirette rivolte ad un campione ragionato di 50 dirigenti apicali della pubblica amministrazione, il 41% dei quali espressione della PA centrale, il 44% della PA locale e il 15% della PA regionale.

 

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