La portata della sentenza 251/2016 della Corte Costituzionale sulla riforma Madia

Luigi De Angelis, Segretario Scientifico PROMO P.A. Fondazione
 
 
In merito alla portata della sentenza 251/2016 della Corte Costituzionale sulla Legge delega di riforma della Pubblica Amministrazione e conseguenti decreti delegati, abbiamo letto commenti quantomeno inesatti se non addirittura privi di fondamento.
 
La Corte Costituzionale nella citata sentenza, al punto 9, espressamente fa presente che le pronunce di illegittimità costituzionale contenute in questa decisione sono circoscritte alle disposizioni della delegazione della Legge 124/2015, oggetto di ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. In effetti la Corte Costituzionale limitatamente alle materie che possono andare a confliggere con gli interessi specifici delle Regioni, ha affermato l’illegittimità costituzionale della previsione del mero parere in Conferenza unificata, piuttosto che invece quella della previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni. L’intesa presuppone un accordo, il parere presuppone semplicemente l’acquisizione appunto di un parere, di un’opinione, lasciando il campo libero poi alla conseguente iniziativa governativa.
 
La Corte stessa dice per tanto espressamente che intanto rimangono formalmente intoccate tutte le disposizioni attuative della Legge 124/15, per cui tutti i decreti legislativi, compresi quelli sulle società pubbliche. Nel caso d’impugnazione di tale disposizioni, cioè dei decreti attuativi, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apportare, al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione. In altri termini occorrerà da parte delle Regioni, ed esclusivamente a tutela dei propri interessi, una nuova impugnazione per specifici aspetti dei decreti legislativi attuativi, ad esempio sulle società partecipate. Il decreto legislativo trova invece pienissima attuazione nei confronti di tutte le altre società partecipate non dalle Regioni, ad esempio in ambito locale o partecipate da altre Amministrazioni, non andando in alcun modo a ledere la cosiddetta legislazione concorrente e pertanto non potendo in alcun modo ledere interessi regionali attuali, immediati e concreti. 
 
Altra notizia che pare priva di fondamento è l’obbligatorietà di un decreto correttivo anche per il cosiddetto “decreto sui furbetti del cartellino”. Al contrario la Corte Costituzionale prevede espressamente che sia la materia del contenimento della spesa pubblica, che rientra fra i principi generali di finanza pubblica, sia la materia della responsabilità dei pubblici dipendenti, che rientra nella materia dell’ordinamento civile, siano attribuibili alla competenza esclusiva dello Stato e non alla competenza concorrente. L’effetto è che pertanto anche il D.Lgs. 116/16 sul licenziamento disciplinare trova in questa sentenza piena legittimazione, in quanto, sia pure incidentalmente, la stessa Corte Costituzionale ha affermato che il decreto rientra nella materia di disciplina della responsabilità dei pubblici dipendenti e pertanto nella materia dell’ordinamento civile, materia riservata, si ribadisce, alla competenza esclusiva dello Stato.

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