Green public procurement e innovazione neglia acquisti

Il Green Public Procurement è un metodo di approvvigionamento mediante il quale le Pubbliche Amministrazioni scelgono di acquistare prodotti e/o servizi che hanno un ridotto impatto ambientale; acquistare verde consiste infatti nella possibilità di inserire criteri di qualificazione ambientale nella domanda che le Pubbliche Amministrazioni esprimono in sede di acquisto di beni e servizi. Il GPP è oggi considerato una delle leve di politica ambientale più importanti e con esso si stanno superando le impostazioni prevalentemente settoriali sul tema degli acquisti pubblici verso un approccio più ampio e trasversale alle diverse problematiche. L’uso del GPP produce un duplice effetto: da un punto di vista di impatto sociale, esso risulta essere un importante strumento di applicazione dei programmi di sviluppo sostenibile; da un punto di vista economico, il GPP può avere un “effetto traino” sul mercato dei prodotti ecologici: gli acquisti verdi in ambito pubblico investono un consistente segmento di mercato, quello degli appalti e delle commesse degli enti, in grado di muovere ingenti risorse economiche solo in Italia gli acquisti pubblici rappresentano circa il 15,9% del PIL e nei Paesi dell’Unione Europea circa il 19,4%. In un recente studio della Commissione, nel quale si analizzano le performance dei 25 Stati dell’Unione sull’uso del GPP, i 7 Paesi considerati più “green” in Europa sono Austria, Germania, Finlandia, Danimarca, Olanda, Svezia, e Gran Bretagna, dove i criteri verdi nei pubblici appalti sono più incisivi rispetto agli altri 18 Stati dell’Unione. In particolare si rileva che in media in questi Stati il 45% dei contratti in termini di valore economico e il 55% dei contratti in termini numerici sono redatti seguendo efficaci criteri ambientali; queste tipologie di appalti hanno generato una riduzione del 25% di emissioni di CO2 senza alcun aumento di costo.
 
 
Fig. 1 Appalti in cui sono stati inseriti criteri verdi, valori percentuali, anno 2006
 
 
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Fig. 2 Distribuzione delle registrazioni EMAS per settore produttivo in Italia, dicembre 2010
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