Il monitoraggio periodico delle partecipazioni e la verifica dei servizi pubblici locali

La fine dell’anno si presenta sempre ricca di impegni per le amministrazioni pubbliche. Fra i molteplici obblighi imposti dalla normativa vigente, troviamo anche quelli previsti dal Testo unico delle società a partecipazione pubblica e dal Decreto sul riordino dei servizi pubblici locali. Ci si riferisce, in particolare, al monitoraggio periodico delle partecipazioni previsto all’art. 20 del D.lgs. 175/2016 e alla verifica periodica gestionale dei servizi pubblici locali prevista dall’art. 30 del D.lgs. 201/2022.

L’obiettivo delle due norme è quello di assicurare, da un lato, che le amministrazioni pubbliche continuino a partecipare solo ad organismi ritenuti strettamente necessari al perseguimento delle loro finalità istituzionali e, dall’altro, che i servizi pubblici locali, affidati spesso proprio alla gestione degli organismi partecipati, continuino ad essere erogati ad un livello qualitativo elevato e secondo modalità congrue rispetto alle esigenze delle collettività.

Si tratta quindi di due obblighi diversi, ma che hanno molti punti in comuni e, soprattutto, che devono essere gestiti in modo scrupoloso dall’amministrazione pubblica, anche avvalendosi di professionalità esterne in possesso delle competenze necessarie per effettuare valutazioni corrette.

Il monitoraggio periodico delle partecipazioni

L’art. 20 del D.lgs. 175/2016 (il c.d. “Testo unico delle società a partecipazione pubblica”) stabilisce che le amministrazioni pubbliche devono effettuare entro il 31 dicembre di ogni anno, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione.

Il piano di riassetto deve essere corredato di un’apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione.

Devono sicuramente essere oggetto di analisi e di eventuale inserimento nel piano di riassetto le seguenti partecipazioni:

  • partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie previste all’art. 4 del T.U.;
  • società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
  • partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;
  • partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a 1 milione di euro;
  • partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale, che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;
  • partecipazioni in società per le quali vi sia la necessità di contenimento dei costi di funzionamento;
  • partecipazioni in società aventi ad oggetto le attività consentite dall’art. 4 del T.U., per le quali vi sia però la necessità di procedere ad aggregazioni.

È importante osservare che la presenza di una o più delle precedenti circostanze non porta automaticamente all’obbligo di cessione della partecipazione o alla messa in liquidazione della società, ma genera più semplicemente l’obbligo per l’amministrazione pubblica di fare una valutazione seria e approfondita della situazione e, se necessario, di motivare adeguatamente la decisione di mantenere la partecipazione, piuttosto che individuare le modalità di cessione della stessa o di aggregazione della società ad altre realtà. Viene quindi lasciata all’amministrazione pubblica la possibilità di dimostrare che la partecipazione sia comunque utile e necessaria per il perseguimento delle sue finalità istituzionali, ciò in forza dell’autonomia organizzativa riconosciuta agli enti locali e del principio di buon andamento dell’amministrazione riconosciuto dall’art. 97 della Costituzione.

Visto che si tratta di un adempimento a cadenza annuale, è importante che l’analisi effettuata preveda anche il confronto con i risultati del monitoraggio del periodo precedente e che riporti le misure adottate in passato e i risultati conseguiti.

Da tenere inoltre presente che:

  • tutti i provvedimenti adottati devono essere trasmessi al Dipartimento della Funzione Pubblica e resi disponibili alla struttura di cui all’art. 15 del TUEL e alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti;
  • in caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo l’amministrazione pubblica deve approvare una relazione sull’attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, da trasmettere alla struttura di cui all’art. 15 del TUEL e alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti;
  • il mancato rispetto di quanto previsto all’art. 20 (commi da 1 a 4) può comportare una sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 euro a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile.
La verifica periodica gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica

Ai sensi dell’art. 30 del D.lgs. 201/2022, tutti gli enti locali (Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e le loro eventuali forme associative, Città metropolitane, Province e altri enti competenti), devono effettuare la ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori, diversi da quelli gestiti in economia.

La ricognizione deve rilevare, per ogni servizio affidato, in modo analitico:

  • il concreto andamento economico del servizio: deve essere analizzato l’andamento economico attuale del servizio e non, come viene spesso fatto, quello degli esercizi precedenti. Quindi, è necessario fare riferimento ad una situazione economica elaborata dal gestore del servizio al 30 settembre e confrontare i risultati ottenuti con quelli rilevati almeno nei due esercizi precedenti, in modo da evidenziare eventuali tendenze negative. Si tratta di un’attività non banale, soprattutto se il soggetto incaricato della gestione del servizio svolge anche altre attività oltre quella oggetto di verifica o se svolge la stessa attività per più amministrazioni. In questi casi è molto importante che il gestore tenga una contabilità analitica per centri di imputazione, almeno per i costi e i ricavi;
  • l’efficienza e la qualità del servizio: come noto l’efficienza è il rapporto fra il valore dei risultati ottenuti (output o servizi erogati) e il valore delle risorse impiegate (input); pertanto, in questo caso l’attenzione si dovrà concentrare sulla corretta misurazione di queste due grandezze e sul rapporto che intercorre fra le stesse, senza tralasciare il monitoraggio del grado di raggiungimento di obiettivi qualitativi, che l’amministrazione pubblica avrà avuto cura di assegnare al gestore del servizio pubblico all’inizio del periodo, possibilmente utilizzando un approccio bottom up. Utili a questo scopo possono essere anche gli indicatori di qualità approvati dal decreto direttoriale del 31/08/2023 per i parcheggi, gli impianti sportivi – diversi da quelli a fune – i servizi cimiteriali, le luci votive e il trasporto scolastico;
  • il rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio: è estrapolare dal contratto di servizio stipulato fra l’amministrazione pubblica e il gestore tutti gli obblighi a carico di quest’ultimo ed impostare un vero e proprio sistema di monitoraggio periodico, che potrà consentire di esprime alla fine dell’esercizio il grado di rispetto degli obblighi contrattuali da parte del gestore, consentendo al contempo all’amministrazione di intervenire nei casi in cui vengano rilevati disallineamenti significativi fra il servizio effettivamente prestato e quanto previsto contrattualmente;
  • la misura del ricorso all’affidamento a società “in house”: oltre ad indicare quali servizi sono stati affidati direttamente alle società “in house”, è sempre molto importante verificare che i presupposti fondamentali del modello continuino a permanere, cioè che il capitale sociale del gestore “in house” sia completamente in mano pubblica (salvo le rare eccezioni previste dalla legge), che l’attività del gestore venga svolta prevalentemente nell’interesse dell’amministrazione pubblica e che sussista sempre il controllo “analogo” (effettivo e non solo formale) da parte del socio o dei soci pubblici;
  • gli oneri e i risultati in capo agli enti affidanti: si tratta di una verifica che può essere effettuata attraverso l’analisi della contabilità e dei bilanci di previsione e consuntivi dell’amministrazione pubblica.

La ricognizione deve quindi essere fatta in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9 del D.lgs. 201/2022.
Infine, gli esiti della ricognizione devono essere riportati in un’apposita relazione, che deve essere approvata dall’amministrazione e aggiornata ogni anno in sede di revisione periodica delle partecipazioni ex art. 20 del D.lgs. 175/2016. Nel caso delle società “in house”, tale relazione costituisce un’appendice della relazione ex art. 20 appena richiamato. Trattandosi di servizi pubblici locali si ritiene che l’approvazione della relazione rientri fra le competenze del Consiglio, ai sensi dell’art. 42, comma 2, let. e) del TUEL.


Alessandro Manetti, Dottore commercialista, Esperto di governance delle partecipate, Responsabile scientifico CESPA – Centro Studi Partecipate