La sfida del federalismo fiscale tra rischi e opportunità: le attese degli operatori

di Annalisa Giachi, Responsabile Ricerche PROMO P.A. FONDAZIONE
 
 
La riforma sul federalismo fiscale, che trova affermazione nella legge delega 5 maggio 2009 n. 42 e nei decreti attuativi approvati e in corso di approvazione, risponde all’esigenza stringente di una maggiore responsabilità nell’uso delle risorse pubbliche. Decine di studi sulla finanza pubblica ci dicono che in Italia circa il 68% della spesa dello Stato è alimentata dagli Enti territoriali (Regioni, province e Comuni), dove si concentra la maggior parte delle decisioni che hanno un impatto diretto sulla vita dei cittadini, ma anche notevoli sprechi. L’attuale crisi economica, un ammontare crescente di debito pubblico e una richiesta sempre più pressante di efficienza da parte dei cittadini e delle imprese ci pone dinanzi ad una scelta storica: sottoporre i centri di spesa al giudizio dei cittadini, attraverso una maggiore responsabilizzazione degli Enti e una maggiore oculatezza nella gestione delle risorse. Il nuovo scenario impone un cambiamento culturale, organizzativo e professionale profondo agli amministratori locali, chiamati ad esercitare funzioni sempre più complesse e a gestire in maniera autonoma risorse economiche di cui saranno pienamente responsabili e di cui dovranno dare conto ai cittadini.
Promo PA Fondazione ha approfondito queste tematiche tramite la ricerca “L’attuazione del federalismo fiscale in Emilia Romagna: le opinioni e le attese dei responsabili dei servizi finanziari degli Enti Locali” che si è posta l’obiettivo di rilevare il livello di conoscenza e consapevolezza del federalismo fiscale da parte di un centinaio di dirigenti dell’area finanziaria delle amministrazioni comunali dell’Emilia.
Il federalismo fiscale, almeno in Emilia Romagna, sembra tutt’altro che sconosciuto: il 54,5% dichiara di avere un livello medio di padronanza della materia, mentre il 24,1% ammette una conoscenza bassa o molto bassa. Ma è nei comuni più piccoli, al di sotto dei 20mila abitanti, che i funzionari si sentono meno preparati e dove vi è un problema di adeguamento delle competenze, non solo rispetto ai contenuti della riforma federale ma soprattutto in termini organizzativi e di gestione del processo.
Sui servizi domina un atteggiamento di attesa, se non di sfiducia.  Il 74,5% del campione ritiene che gli effetti in termini di miglioramento qualitativo o quantitativo saranno visibili solo nel lungo periodo, mentre a breve termine si prevede un peggioramento in termini qualitativi e quantitativi. Anche in questo caso saranno i Comuni più piccoli ad avere i maggiori problemi di tenuta dei servizi, anche perché la principali fonte di entrata deriverà da imposte caratterizzate da una grande mobili e variabili (ICI, IMU e cedolare secca) a seconda delle vocazioni economiche del territorio e delle basi imponibili.
 
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