Parte ma a rilento la riforma del Codice degli appalti

È del 24 gennaio di quest’anno la nota con la quale la Commissione Europea notificava al Ministro degli Esteri la costituzione in mora dell’Italia per la mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in tema di contratti pubblici, individuando una serie di disposizioni non conformi al quadro regolamentare europeo nel codice dei contratti pubblici in vigore dal 2016.

Fra le norme oggetto del richiamo della Commissione vi sono quelle del subappalto, che ai sensi del codice non può superare il 30 % dell’importo totale dei lavori. Tale limitazione contrasta con “il principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto”.

Sempre secondo la Commissione anche l’obbligo di indicare una terna di subappaltatori, introdotto dal codice degli appalti, viola la direttiva del 2014 “sia perché impone agli offerenti di indicare una terna, anche quando in realtà detti offerenti non intendono far ricorso a nessun subappaltatore, sia perché impone agli offerenti di indicare una terna anche quando in realtà a detti offerenti occorrono meno di tre subappaltatori”.
La violazione della direttiva europea produce nel primo caso un danno alle piccole e medie imprese e nell’altro contrasta con la semplice logica, costringendo, gli operatori ad adempimenti inutili e dannosi.

E’ dunque anche su queste premesse, oltre che con l’obiettivo di velocizzare le procedure di affidamento, che il Governo sembra abbia approvato giovedì un provvedimento cd “sbloccacantieri”, che riformula alcune disposizioni del codice. Al momento peraltro le uniche reali – e limitate nel tempo – modifiche al codice rimangono quelle contenute nella Legge di bilancio 2019 in materia di affidamenti diretti di lavori.

Per tornare al provvedimento, che sembra approvato “salvo intese” e quindi in un testo non definitivo, le prime indiscrezioni hanno sollevato le critiche dell’ANCE, che evidenzia come la soluzione delle gestioni commissariali, che forse verranno adottate per alcune opere, non risolva alla radice il problema delle complessità procedurali ma semplicemente lo aggiri per casi specifici, lasciando sostanzialmente inalterato il regime generale.

Anche sul subappalto non è affatto certo l’adeguamento alle direttive del 2014, per la contrarietà dei sindacati, mentre sembra sicura l’emanazione di un regolamento attuativo del codice con un successivo DPR, a seguito della constatazione generalizzata che la cosiddetta soft law dell’ANAC non ha prodotto l’auspicata chiarezza interpretativa per la semplificazione e velocizzazione delle procedure. Un ritorno al passato dunque, che potrà avere effetti positivi a patto che il regolamento venga emanato in tempi brevi.
In caso contrario l’incertezza del quadro normativo permarrà e lo sblocco dei cantieri rimarrà probabilmente una promessa.

Gaetano Scognamiglio, Presidente PROMO P.A. Fondazione