Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica

Con il D.Lgs. 201/2022 sul riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica siamo di fronte all’ennesimo tentativo di riforma che ha interessato tutti i governi italiani dell’ultimo decennio, dal governo Berlusconi II e IV, al governo Prodi II fino al governo Renzi.

Questa volta però c’era una motivazione in più che ha consentito di portare a casa il risultato, cioè la circostanza che l’ex governo Draghi si sia impegnato con la Commissione europea, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (in c.d. PNRR), ad approvare il riordino entro la fine del 2022.

Si tratta di un riordino, più che di una vera e propria riforma, che è stato definito “timido” e che, come sempre, anziché semplificare, porterà ad una maggiore complicazione e ad ulteriori oneri a carico degli Enti locali, soprattutto in materia di analisi a supporto della scelta della forma di gestione e in tema di monitoraggio e controllo degli affidatari (aspetti, questi ultimi, per i quali gli Enti locali sono spesso privi delle competenze aziendalistiche necessarie).

Prima di approfondire i vari aspetti contenuti nel decreto è utile concentrarsi sulla definizione di “servizi pubblici locali di rilevanza economica”, che lo stesso decreto all’art. 2, comma 2, let. c) definisce come “i servizi erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che sono previsti dalla legge o che gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”.

1. L’oggetto e gli obiettivi del D.lgs. 201/2022

Il nuovo decreto ha come oggetto la disciplina generale dei servizi di interesse economico generale locali ed ha l’obiettivo di fissare i princìpi comuni per raggiungere e mantenere un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità dei servizi, la parità di trattamento e l’accesso universale ai medesimi da parte degli utenti, garantendone i relativi diritti e assicurando l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale e territoriale.

Le disposizioni del nuovo decreto devono essere applicate a tutti i servizi di interesse economico generale prestati a livello locale e sono “integrative” delle normative di settore che regolano i singoli servizi (per esempio, il D.lgs. 152/2006 in materia di servizio idrico e in materia di gestione dei rifiuti urbani, il D.lgs. 422/1997 sul trasporto pubblico locale, ecc.).
Quindi, le disposizioni del nuovo decreto sono volutamente generali e, in caso di contrasto, le stesse comunque prevalgono su quelle di settore, salvo che non siano previste specifiche derogate (cosa che nel testo del decreto accade molto spesso).

2. I princìpi da garantire nell’istituzione, regolazione e gestione dei servizi

L’art. 3 del decreto fissa i princìpi che devono essere garantiti nell’istituzione, regolazione e gestione dei servizi di interesse economico generale di livello locale:

– il principio di concorrenza;
– il principio sussidiarietà, anche orizzontale;
– l’efficienza nella gestione;
– l’efficacia nella soddisfazione dei bisogni dei cittadini;
– lo sviluppo sostenibile;
– la produzione di servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati alle necessità degli utenti;
– l’applicazione di tariffe orientate a costi efficienti;
– la promozione di investimenti in innovazione tecnologica;
– la proporzionalità e adeguatezza della durata dell’affidamento del servizio;
– la trasparenza delle scelte compiute dalle amministrazioni e sui risultati della gestione.

3. La revisione degli ambiti territoriali ottimali

Uno dei primi temi affrontati dal nuovo decreto è quello della revisione degli ambiti territoriali ottimali e di una spinta verso dimensioni maggiori di quelle attuali; in particolare, l’art. 5 del decreto contiene previsioni che:

– incentivano le Regioni a rivedere l’organizzazione degli ambiti territoriali ottimali, spingendole preferibilmente verso una scala regionale o comunque tale da consentire economie di scala o di scopo, idonee a massimizzare l’efficienza del servizio;
– attribuiscono alle Città metropolitane la possibilità di esercitare per conto dei Comuni le funzioni attribuite loro dalla legge, in modo da favorire la gestione integrata sul territorio dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
– attribuiscono alle Province un ruolo di supporto tecnico-amministrativo e di coordinamento.

Non si tratta però di obblighi veri e propri, ma di una sorta di “moral suasion” esercitata nei confronti di Regioni, Province e Comuni, che probabilmente non sortirà l’effetto sperato. Forse una spinta significativa potrà venire dalle misure incentivanti in favore degli Enti locali che aderiranno alle riorganizzazioni e alle aggregazioni, che dovrebbero essere approvate dal Ministero dell’economia e delle finanze entro la metà del prossimo mese di febbraio.

4. La distinzione fra chi gestisce e chi controlla i servizi “a rete”

Il D.lgs. 201/2022 prevede all’art. 6 una netta separazione fra le funzioni di regolazione, di indirizzo e controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali “a rete”, intendendo per tali i servizi suscettibili di essere organizzati tramite reti strutturali o collegamenti funzionali necessari tra le sedi di produzione o di svolgimento della prestazione oggetto di servizio.

La separazione viene garantita dal divieto per gli enti di governo dell’ambito e per le Autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali di partecipare, sia direttamente che indirettamente, al capitale dei soggetti incaricati della gestione del servizio.
Si tratta però di una regola generale piuttosto debole, in quanto sono previste diverse eccezioni, fra cui:

– non si considerano partecipate indirettamente le società formate o partecipate dagli Enti locali ricompresi nell’ambito;
– gli Enti locali titolari del servizio e a cui spettano le funzioni di regolazione possono assumere anche la gestione del servizio, sia direttamente che per mezzo di un soggetto partecipato, a patto però che le strutture, i servizi, gli uffici e le unità organizzative dell’ente ed i loro dirigenti e dipendenti preposti alle funzioni di regolazione non svolgano alcuna funzione o compito inerente alla gestione e il suo affidamento.

5. Le inconferibilità degli incarichi

Sempre con la finalità di rafforzare la distinzione fra chi gestisce il servizio e chi esercita la funzione di regolamentazione, indirizzo e controllo, ai commi 4-8 dell’art. 6 del decreto sono stati previsti alcuni casi di “inconferibilità” degli incarichi.

In particolare, non possono essere conferiti incarichi professionali, incarichi inerenti alla gestione del servizio e incarichi di amministrazione o di controllo societario:

a) ai componenti di organi di indirizzo politico dell’ente competente all’organizzazione del servizio o alla sua regolazione, vigilanza o controllo, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all’esercizio di tali funzioni;
b) ai componenti di organi di indirizzo politico di ogni altro organismo che espleti funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo o di controllo del servizio, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all’esercizio di tali funzioni;
c) ai consulenti per l’organizzazione o regolazione del servizio.

Si tratta di inconferibilità che cessano automaticamente decorso un anno dalla conclusione dei relativi incarichi.
Per agli affidamenti in essere al 31/12/2022 l’adeguamento alle nuove disposizioni dovrà avvenire entro il 31/12/2023.

6. Costi di riferimento e schemi tipo

L’art. 7 del decreto prevede che per i servizi pubblici locali “a rete” le autorità di regolazione sono tenute ad individuare:

– i costi di riferimento dei servizi;
– lo schema tipo di piano economico-finanziario;
– gli indicatori e i livelli minimi di qualità dei servizi;
– gli schemi di bandi di gara e gli schemi di contratti tipo.

L’art. 8 del decreto, invece, prevede per i servizi pubblici locali “non a rete”, per i quali non opera un’autorità di regolazione, che i suddetti documenti siano predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Solo per i servizi non a rete di loro competenza, gli Enti locali possono adottare un regolamento con cui predefiniscono condizioni, principi, obiettivi e standard della gestione, nel rispetto di quanto disposto dal D.lgs. 201/2022, assicurando la trasparenza e la diffusione dei dati della gestione.

7. Il principio di sussidiarietà orizzontale

Si tratta di un principio previsto all’art. 10 del decreto, che dispone che per il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali gli enti locali devono favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e delle imprese.

Solo qualora l’iniziativa privata risulti inidonea a soddisfare le esigenze della comunità locale, gli enti locali possono intervenire istituendo anche servizi di interesse economico generale di livello locale diversi da quelli già previsti dalla legge, che ritengono però necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni di cittadini.

Questi servizi possono tuttavia essere istituiti solo dopo:

– un’apposita istruttoria condotta sulla base di un effettivo confronto tra le diverse soluzioni possibili, da cui risulti che la prestazione dei servizi da parte dei soggetti privati è inidonea a garantire il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali;
– avere verificato che la prestazione del servizio non possa essere assicurata attraverso l’imposizione di obblighi di servizio pubblico a carico di soggetti privati, riconoscendo eventuali compensazioni economiche.

La deliberazione di istituzione del nuovo servizio deve dare conto degli esiti dell’istruttoria effettuata.

8. La scelta della forma di gestione del servizio

L’art. 14 del nuovo decreto prevede che gli enti locali e gli altri enti competenti possono adottare una delle seguenti modalità di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica:

a) affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica (favorendo il ricorso alla “concessione”, piuttosto che all’appalto di servizi, in modo da trasferire il rischio d’impresa sul concessionario);
b) affidamento a società mista, secondo la disciplina prevista dall’art. 17 del D.lgs. 175/2016;
c) affidamento a società “in house”;
d) gestione in economia o mediante aziende speciali (solo in caso di servizi diversi da quelli a rete).

Nella scelta della modalità di gestione devono essere tenuti in considerazione:

– le caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali;
– la situazione delle finanze pubbliche;
– i costi per l’ente locale e per gli utenti;
– i risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili;
– i risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio.

Prima dell’avvio delle procedure di affidamento del servizio, l’ente affidante deve riportare gli esiti di questa valutazione in un’apposita relazione (che sostituisce quella prevista dall’abrogato art. 34, comma 20 del D.L. 179/2012), nella quale devono essere evidenziate:

– le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta;
– gli obblighi di servizio pubblico;
– le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni.

È espressamente vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al loro regime tributario.

Per i soli servizi pubblici locali “a rete”, la relazione deve essere inoltre integrata con il piano economico-finanziario acquisito all’esito della procedura (quindi predisposto dal futuro gestore), in modo da assicurare la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari. Si tratta quindi di una “integrazione” vera e propria della relazione, in quanto il piano economico-finanziario sarà disponibile solo dopo l’espletamento della procedura di affidamento.

Tale piano, fatte salve le disposizioni di settore, deve contenere anche la proiezione, per tutto il periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti e deve essere asseverato da un istituto di credito o da una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari, da una società di revisione o da un revisore legale.

9. L’affidamento a società “in house”

L’art. 17 del nuovo decreto prevede che, per quanto riguarda l’affidamento a “società in house”, questo può essere effettuato nei limiti e secondo le modalità previste in materia di contratti pubblici e secondo le disciplina dettata dall’art. 16 del D.lgs. 175/2016.

Tuttavia, per gli affidamenti “in house” di importo superiore alle soglie di rilevanza europea (vedi art. 35 del D.lgs. 50/2016) l’art. 17 stabilisce che gli enti locali e gli altri enti competenti sono tenuti ad adottare la deliberazione di affidamento del servizio sulla base di una “qualificata motivazione”, che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio.

In particolare, gli enti affidanti sono tenuti ad illustrare i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, con riguardo a:

– investimenti;
– qualità del servizio;
– costi dei servizi per gli utenti;
– impatto sulla finanza pubblica;
– obiettivi di universalità, socialità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi;

il tutto, tenendo conto:

– dei risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni “in house”;
– dei dati e delle informazioni risultanti dalle verifiche periodiche cui sono tenuti;
– degli atti e degli indicatori di cui agli artt. 7, 8 e 9 del decreto.

L’attività degli enti locali non si conclude ovviamente con l’affidamento, come erroneamente ritenuto da molti addetti ai lavori, ma deve proseguire con l’analisi periodica dei risultati conseguiti dall’affidatario “in house” e con l’obbligo di dare conto in sede di razionalizzazione periodica delle partecipazioni (ex art. 20 del D.lgs. 175/2016) delle ragioni che, sul piano economico e della qualità dei servizi, giustificano il mantenimento dell’affidamento del servizio alla stessa, anche in relazione ai risultati conseguiti nella gestione. Queste previsioni, contenute all’art. 17 del decreto, devono coordinarsi con quanto previsto al successivo art. 30 in materia di verifiche periodiche sulla situazione gestionale dei servizi pubblici locali.

10. La durata dell’affidamento

Secondo quanto previsto all’art. 19 del decreto, fatte salve le discipline di settore, la durata dell’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è fissata dall’ente locale e dagli altri enti competenti:

– in funzione della prestazione richiesta;
in misura proporzionata all’entità e alla durata degli investimenti proposti dall’affidatario;
– comunque in misura non superiore al periodo necessario ad ammortizzare gli investimenti previsti in sede di affidamento e indicati nel contratto di servizio di servizio.

Tuttavia, in caso di affidamento a società “in house” di servizi pubblici locali “non a rete”, la durata non può essere superiore a cinque anni, fatta salva la possibilità per l’ente affidante di dare conto, nella deliberazione di affidamento delle ragioni che giustificano una durata superiore al fine di assicurare l’ammortamento degli investimenti.

Qualora l’affidamento venga effettuato per una durata inferiore al piano di ammortamento degli investimenti deve essere riconosciuto in favore del gestore uscente un indennizzo, così calcolato:

indennizzo spettante = valore contabile degli investimenti (costo storico – fondo ammortamento) + rivalutazione ISTAT – contributi pubblici percepiti.

L’indennizzo deve essere posto a carico del gestore subentrante ed è previsto anche in caso di cessazione anticipata del rapporto.

11. Clausole sociali

Al fine di tutelare l’occupazione, l’art. 20 del decreto prevede che i bandi di gara, gli avvisi o la deliberazione di affidamento a società “in house” devono prevedere, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’impiego di apposite clausole sociali, secondo la disciplina in materia di contratti pubblici.

12. Gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali

All’art. 21 del decreto viene riproposta la separazione fra:

– gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni;
– gestione del servizio;

con possibilità del loro affidamento a gestori diversi, garantendo comunque l’accesso equo e non discriminatorio alle reti, agli impianti e alle altre dotazioni patrimoniali essenziali a tutti i soggetti legittimati all’erogazione del servizio.

Gli enti locali, anche in forma associata, ove consentito dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico (le c.d. “società patrimoniali”). Il capitale sociale di tali società è incedibile, in quanto deve essere assicurato che la proprietà di tali beni resti in mano pubblica. Queste società possono porre i beni a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o anche, ove previsto, di soggetti gestori dei beni stessi, a fronte di un canone stabilito dalla competente autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Quindi, si può arrivare ad avere anche un modello organizzativo a tre soggetti: i) società patrimoniale proprietaria della rete, ii) soggetto gestore della rete, iii) soggetto erogatore del servizio (utilizzatore della rete).

Alle società “in house” è consentito anche svolgere la funzione di gestore della rete, oltre che di proprietario della stessa.

Nel caso in cui la gestione della rete, degli impianti o delle altre dotazioni patrimoniali sia affidata secondo una delle modalità viste in precedenza, ancorché separata o integrata con la gestione dei servizi, il soggetto gestore deve applicare la disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici per la realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali.

Tuttavia, qualora tale gestore sia anche in possesso delle previste qualificazioni, se previsto nell’affidamento, potrà realizzare direttamente i lavori necessari. Anche per le gestioni in corso al 31/12/2022 il gestore è obbligato ad osservare la disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici nell’esecuzione dei lavori.

13. Il contratto di servizio

Tutti i rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio devono essere regolati da un contratto di servizio, così come quelli fra gli enti affidanti e le società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali.

Il contratto di servizio deve contenere le previsioni dirette ad assicurare, per tutta la durata dell’affidamento, l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico e l’equilibrio economico-finanziario della gestione, secondo criteri di efficienza, promuovendo il progressivo miglioramento dello stato delle infrastrutture e della qualità delle prestazioni erogate.

Fatto salvo quanto previsto dalle discipline di settore, il contratto di servizio deve disciplinare almeno i seguenti aspetti:

– regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
– durata del rapporto contrattuale;
– obiettivi di efficacia ed efficienza nella prestazione dei servizi, nonché l’obbligo di raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione;
– obblighi di servizio pubblico;
– condizioni economiche del rapporto, incluse le modalità di determinazione delle eventuali compensazioni economiche a copertura degli obblighi di servizio pubblico e di verifica dell’assenza di sovracompensazioni;
– strumenti di monitoraggio sul corretto adempimento degli obblighi contrattuali, ivi compreso il mancato raggiungimento dei livelli di qualità;
– obblighi di informazione e di rendicontazione nei confronti dell’ente affidante, o di altri enti preposti al controllo e al monitoraggio delle prestazioni, con riferimento agli obiettivi di efficacia ed efficienza, ai risultati economici e gestionali e al raggiungimento dei livelli qualitativi e quantitativi;
– previsione delle penali e delle ipotesi di risoluzione del contratto in caso di grave e ripetuta violazione degli obblighi contrattuali o di altri inadempimenti che precludono la prosecuzione del rapporto;
– obbligo di mettere a disposizione i dati e le informazioni prodromiche alle successive procedure di affidamento;
– modalità di risoluzione delle controversie con gli utenti;
– garanzie finanziarie e assicurative;
– disciplina del recesso e delle conseguenze derivanti da ogni ipotesi di cessazione anticipata dell’affidamento, nonché i criteri per la determinazione degli indennizzi;
– obbligo del gestore di rendere disponibili all’ente affidante i dati acquisiti e generati nella fornitura dei servizi agli utenti.

Per i servizi resi su richiesta individuale dell’utente, fatto salvo quanto previsto dalle discipline di settore, il contratto di servizio deve regolare anche i seguenti ulteriori aspetti:

– struttura, livelli e modalità di aggiornamento delle tariffe e dei prezzi per gli utenti;
– indicatori e livelli ambientali, qualitativi e quantitativi delle prestazioni da erogare, definiti in termini di livelli specifici e di livelli generali, e i relativi obiettivi di miglioramento, inclusi quelli volti a garantire un migliore accesso al servizio da parte delle persone diversamente abili;
– indicazione delle modalità per proporre reclamo nei confronti dei gestori, nonché modalità e tempi con i quali devono essere comunicati i relativi esiti agli utenti;
– modalità di ristoro dell’utenza, in caso di violazione dei livelli qualitativi del servizio e delle condizioni generali del contratto.

Al contratto di servizio devono poi essere allegati:

– il programma degli investimenti (se previsti);
– il piano economico-finanziario (per i soli servizi a rete);
– il programma di esercizio (per i soli servizi a domanda individuale).

14. La carta dei servizi

L’art. 25 del decreto ha riproposto l’adozione da parte del gestore del servizio pubblico locale di rilevanza economica della carta dei servizi prevista dall’art. 2, comma 461, let. a) della L. 244/2007, che deve essere integrata con le informazioni relative alla composizione della tariffa.

La carta dei servizi deve essere pubblicata dal gestore sul proprio sito internet.

Il gestore è inoltre tenuto a dare pubblicità, anche a mezzo del proprio sito internet e con modalità comprensibili:

– del livello effettivo di qualità dei servizi offerti;
– del livello annuale degli investimenti effettuati;
– della programmazione degli investimenti fino al termine dell’affidamento.

15. La determinazione delle tariffe

Per molti servizi pubblici le tariffe sono determinate dall’autorità di regolazione e dalle disposizioni contenute nella normativa di settore. Per quei servizi in cui ciò non è previsto, gli enti affidanti hanno l’obbligo di definire le tariffe in misura tale da assicurare:

– l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della gestione;
– il perseguimento di recuperi di efficienza (riduzione dei costi a carico della collettività).

Questi obiettivi devono essere perseguiti in armonia con gli obiettivi di carattere sociale, di tutela dell’ambiente e di uso efficiente delle risorse, tenendo conto della legislazione nazionale e del diritto dell’Unione europea in materia.

Le tariffe sono determinate sulla base dei seguenti criteri:

– correlazione tra “costi efficienti” e ricavi, finalizzata al raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione, previa definizione e quantificazione degli oneri di servizio pubblico e degli oneri di ammortamento tecnico-finanziario (si ricorda che i “costi efficienti” sono i costi di un’impresa media del settore, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi e impianti per la prestazione del servizio);
– equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito (importante per evitare sottocapitalizzazioni);
– valutazione dell’entità dei costi efficienti di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
– adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.

Fermo restando quanto stabilito dalle discipline di settore, gli enti affidanti possono anche prevedere tariffe agevolate per specifiche categorie di utenti in condizione di disagio economico o sociale o diversamente abili, provvedendo alla relativa compensazione in favore dei gestori.

Le tariffe sono soggette ad un aggiornamento periodico al fine di conseguire il graduale miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi. Di norma, l’aggiornamento tiene conto:

– del tasso di inflazione programmata;
– dell’incremento per i nuovi investimenti effettuati;
– dell’obiettivo di recupero di efficienza prefissato;
– degli obiettivi di qualità del servizio prefissati, definiti secondo parametri misurabili.

È comunque consentito agli enti affidanti di effettuare aggiornamenti tariffari con metodi diversi, che tengano conto delle caratteristiche del servizio, purché la scelta sia adeguatamente motivata e maggiormente funzionale al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio.

16. Modifiche, cessazione anticipata e risoluzione del rapporto

Si tratta di vicende che possono accadere nel corso del rapporto contrattuale e sono consentire nei limiti e secondo le modalità previste dal diritto dell’Unione europea e dalla disciplina in materia di contratti pubblici.

Inoltre, nei casi di grave inadempimento agli obblighi di servizio pubblico e alle obbligazioni previste dal contratto è sempre prevista per l’ente affidante il potere di risolvere anticipatamente il rapporto con il gestore inadempiente.

Curiosa è la norma prevista all’art. 27, comma 2 del decreto in caso di aggiornamenti e modifiche del contratto di servizio con le società “in house”, in quanto è stabilito che queste modifiche debbano essere asseverate secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 4, cioè da parte di un istituto di credito, di una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari, di una società di revisione o di un revisore legale. La singolarità della previsione consiste nel fatto che l’asseverazione di cui all’art. 17, comma 4 è prevista solo per i servizi pubblici locali “a rete”, mentre in caso di aggiornamento e modifiche al contratto di servizio pare avere portata generale.

17. Vigilanza, controlli e ricognizione periodica sulla gestione

Fatte salve le competenze delle autorità di regolazione e le discipline di settore, ai sensi dell’art. 30 del decreto, gli enti locali e gli altri enti competenti sono tenuti ad esercitare la vigilanza sulla gestione, sulla base di un programma di controlli, che deve essere elaborato tenendo conto:

– della tipologia di attività;
– dell’estensione territoriale di riferimento;
– dell’utenza di riferimento.

Per agevolare lo svolgimento dell’attività di vigilanza, il gestore è obbligato a fornire all’ente affidante i dati e le informazioni concernenti l’assolvimento degli obblighi contenuti nel contratto di servizio e l’inadempimento di tali obblighi informativi deve essere oggetto di specifiche penalità contrattuali.

Tutti i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, e le loro eventuali forme associative, le Città metropolitane, le Province e gli altri enti competenti, devono inoltre effettuare la ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori.

La ricognizione deve rilevare, per ogni servizio affidato il concreto andamento, in modo analitico:

– l’andamento economico del servizio;
– il livello qualitativo del servizio;
– il rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio;
– la misura del ricorso all’affidamento a società “in house”;
– gli oneri e i risultati in capo agli enti affidanti.

Gli esiti della ricognizione devono essere riportati in un’apposita relazione, che deve essere aggiornata ogni anno in sede di revisione periodica delle partecipazioni ex art. 20 del D.lgs. 175/2016. Si tratta quindi di un nuovo ed ulteriore adempimento a carico degli enti affidanti. Nel caso delle società “in house”, tale relazione costituisce un’appendice della relazione ex art. 20 appena richiamato.

Da notare che in sede di prima applicazione la ricognizione sui servizi pubblici locali di rilevanza economica deve essere effettuato entro il 31/12/2023.

18. Trasparenza e trasmissione degli atti all’Anac

Per migliorare la trasparenza e la comprensibilità degli affidamenti effettuati, l’art. 31 del decreto prevede che gli enti locali sono tenuti a redigere la documentazione di loro competenza tenendo conto degli schemi tipo determinati dalle competenti autorità di regolazione e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

In particolare, ci si riferisce alla redazione dei seguenti documenti:

– deliberazione di istituzione di un servizio pubblico locale (art. 10, comma 5 del decreto);
– relazione propedeutica all’affidamento del servizio (art. 14, comma 3 del decreto);
– relazione relativa al ricorso all’affidamento “in house” (art. 17, comma 2 del decreto);
– relazione sulla ricognizione periodica dei servizi pubblici locali (art. 30, comma 2 del decreto).

L’art. 31, comma 2 del decreto ha inoltre previsto un onere di trasmissione degli atti all’Anac piuttosto gravoso per gli enti affidanti. Infatti, è previsto che tutti gli atti sopra indicati e il contratto di servizio devono essere:

– pubblicati senza indugio sul sito istituzionale dell’ente affidante;
– trasmessi contestualmente all’Anac, per la loro pubblicazione sul proprio portale telematico, in un’apposita sezione denominata “Trasparenza dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Trasparenza SPL”, con evidenza della data di pubblicazione.

19. Coordinamento con la normativa di settore

Infine, agli artt. 32, 33 e 34 del decreto sono state previste norme specifiche di coordinamento con la normativa dei settori del trasporto pubblico locale, del servizio idrico, della gestione dei rifiuti urbani e delle farmacie.

I servizi di distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale e di gestione degli impianti di trasporti a fune sono stati espressamente esentati dagli artt. 35 e 36 dall’applicazione di tutte le disposizioni contenute nel decreto.

Alessandro Manetti, Dottore commercialista, Responsabile Scientifico CE.S.PA. – Centro Studi Partecipate