La definizione di “società a controllo pubblico”

Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti sono intervenute con la deliberazione n. 11 del 20/06/2019 sulla definizione di “società a controllo pubblico”, chiarendo che rientrano in tale categoria anche le società partecipate da più Amministrazioni pubbliche, ciascuna delle quali titolare di diritti di voto inferiori al 50% di quelli complessivi, le quali siano complessivamente in grado di disporre nell’assemblea ordinaria dei voti previsti dall’art. 2359 del Codice civile.

Si tratta di una presa di posizione molto importante, in quanto pone fine ad un dibattito che andava avanti dal 2016 e che elimina i dubbi interpretativi che avevano consentito a molte società a partecipazione pubblica plurima di sottrarsi alla maggior parte delle disposizioni contenute nel D.lgs. 175/2016 (TUSP).

I dubbi interpretativi erano sorti con riferimento alla definizione di “controllo” prevista all’art. 2, comma 1, lettera b), del suddetto decreto e a quella di “società a controllo pubblico” prevista alla successiva lettera m). Secondo il D.lgs. 175/2016, infatti:

  • per “controllo”, si intende “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”;
  • per “società a controllo pubblico”, invece, si intendono quelle in cui “una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)”.

La Corte dei Conti nella deliberazione n. 11/2019 richiama la giurisprudenza e i diversi pronunciamenti esistenti in materia, fra cui l’orientamento del 15/02/2018 della Struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche del Ministero dell’economia e delle finanze, mettendo in luce i seguenti aspetti:

  1. le definizioni di “controllo”, contemplate dal D.lgs. 175/2016, rilevano ai soli fini dell’esatta perimetrazione, oggettiva e soggettiva, delle disposizioni di tale testo unico e non anche per l’applicazione di altre norme, in particolare del Codice civile;
  2. il D.lgs. 175/2016 dispone che, sulle stesse materie, le norme del Codice civile e, in generale, le norme di diritto privato, sono recessive rispetto alle norme contenute nel testo unico; tale criterio di prevalenza vale quindi anche in sede di individuazione dell’aggregato delle “società a controllo pubblico”;
  3. le definizioni di “controllo” contenute nel D.lgs. 175/2016 sono più ampie (o comunque non esattamente coincidenti) di quelle civilistiche;
  4. l’interpretazione letterale dell’art. 2 del D.lgs. 175/2016, basata sul combinato disposto delle lettere b) ed m) e del richiamo integrale della seconda alla prima e della riferibilità della situazione descritta dall’art. 2359 del Codice civile a “una o più” amministrazioni pubbliche socie, è ritenuta anche funzionale all’obiettivo del legislatore di assoggettare le “società a controllo pubblico” a disposizioni più stringenti rispetto a quelle, sicuramente meno rigorose, rivolte agli organismi a mera partecipazione pubblica;
  5. in base al combinato disposto dell’art. 2, comma 1, lett. b) e m), del D.lgs. 175/2016 e dell’art. 2359 del Codice civile le Amministrazioni pubbliche socie vengono individuate come un soggetto unitario, indipendentemente dal fatto che il controllo venga svolto da una sola Amministrazione o da più di esse cumulativamente.

Infine, molto importante è anche l’affermazione della Corte circa l’obbligatorietà della formalizzazione degli strumenti necessari per esercitare un’influenza dominante sulla società. Secondo i magistrati contabili, infatti, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche le Amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo (e non la facoltà) di attuare, e formalizzare, misure e strumenti coordinati di controllo, quali la stipula di apposti patti parasociali e/o la modifica delle clausole statutarie.

La Corte conclude affermando che “sia sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle “società a controllo pubblico”, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del D.lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile”.

Alessandro Manetti, Responsabile Scientifico CESPA – Centro Stusi Partecipate