ANAC: l’autorità ha bisogno di poteri

Santo Fabiano, Formatore, Esperto di governance pubblica, Consulente Camera dei Deputati

L’Autorità nazionale anticorruzione rappresenta ormai un importante organismo ideato per fronteggiare il fenomeno della corruzione (che lo stesso Cantone definisce come “un treno in corsa difficile da fermare”), verso il quale si indirizzano le speranze di miglioramento del sistema, aggravato dai costi e dai vincoli di un sommerso che opera in contrasto con l’interesse pubblico.
Tuttavia, nonostante i buoni propositi, come già qualcuno di noi aveva affermato sin dall’inizio, l’Autorità si presenta senza un vero “potere”. E il legislatore, al di là delle affermazioni di principio, non sembra volere concedere più di tanto.

Una lettura “ufficiale” di questa situazione ci viene proprio da una deliberazione dell’ANAC (146/2014), nella quale lo stesso Presidente afferma “Ad una prima lettura della norma richiamata della legge n. 190 (art. 1, comma 3, in rapporto al comma 2, lettera f) dello stesso articolo), il potere di ordinare l’adozione di atti e comportamenti a singole amministrazioni appare configurato come un potere atipico, nel senso che la legge non disciplina puntualmente né i casi in cui il provvedimento di ordine può essere adottato, né le conseguenze giuridiche del provvedimento, né il relativo procedimento.”

Nello stesso documento, inoltre, prosegue “Si tratta, poi, di un potere che non ha contenuto sanzionatorio, ma è volto ad assicurare, in modo tempestivo, il rispetto della legge, con riferimento a particolari atti e comportamenti che la legge ha ritenuto particolarmente significativi ai fini della prevenzione della corruzione e della garanzia del principio di trasparenza.”

E più avanti “La legge non prevede specifiche forme di sanzione in caso di mancata ottemperanza al provvedimento di ordine dell’Autorità. Ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2102, il provvedimento di ordine è pubblicato sul sito dell’ANAC e sul sito dell’amministrazione destinataria. In casi particolari l’Autorità può decidere di dare altre forme di pubblicità al provvedimento adottato. L’Autorità potrà anche dare pubblicità ad ulteriori provvedimenti con i quali si solleciti l’ottemperanza al provvedimento di ordine. La pubblicità del provvedimento è la sola “sanzione” prevista, che ha effetti di natura solo “reputazionale” sugli organi dell’amministrazione destinataria del provvedimento e solo relativamente al momento di adozione del provvedimento di ordine dell’ANAC”.

Certamente ha rappresentato una svolta la previsione dell’art.19, comma 7 del decreto legge 90/2015, laddove prevede “b) salvo che il fatto costituisca reato,  applica,  nel  rispetto delle norme previste dalla  legge  24  novembre  1981,  n.  689,  una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000  e  non superiore nel massimo a euro 10.000, nel  caso  in  cui  il  soggetto obbligato ometta l'adozione dei piani triennali di prevenzione  della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o  dei  codici  di comportamento.”

Tuttavia, proprio in ragione del principio della “riserva di legge”, che rappresenta il presupposto per ogni situazione di natura impositiva o sanzionatoria, si rileva come i casi di intervento dell’Autorità che siano “espressamente” previsti dalle norme e che determinino una sorta di “potere di ordine” o “di sanzione”, risultano ancora limitati.

Il risultato che si ottiene è quello di un’Autorità che ha lo scopo di “promuovere” la cultura della legalità (e non è cosa da poco) e di un legislatore che fatica a passare dagli annunci ai fatti. E’ un buon inizio per la diffusione di buone pratiche, ma può rappresentare un problema se si ritiene di potere combattere la corruzione con sanzioni di tipo “reputazionale”.

Ciò è ancora più grave se si considera che la prevenzione della corruzione è stata intesa come un pesante fardello che aggrava gli adempimenti e accresce le responsabilità.

Probabilmente, proprio in ragione di uno scenario così come abbiamo descritto sarebbe opportuno avere un’Autorità maggiormente collaborativa e orientata all’ascolto, oltre che alla conoscenza dei contesti amministrativi, che sono diversi e non possono essere osservati mediante l’utilizzo di modelli predefiniti.

 


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