Le principali novità per le società partecipate dagli Enti Locali introdotte dalle manovre finanziarie di fine 2013

Alessandro Manetti, Responsabile Scientifico CE.S.PA. – Centro Studi Partecipate
Leonardo Penna, Avvocato in Firenze

Le disposizioni contenute nei provvedimenti approvati alla fine del 2013 segnano un deciso cambiamento da parte del legislatore delle modalità con cui si intende affrontare le numerose criticità legate alle società locali, aziende speciali ed istituzioni; il nuovo approccio è in forte controtendenza rispetto ai tanti e mal coordinati provvedimenti approvati nel corso degli ultimi anni. Finalmente la logica dei c.d. “tagli lineari” sembra lasciare il posto a una maggiore attenzione nei confronti delle tante realtà locali che nel corso degli anni hanno informato la loro attività ai princìpi di efficienza, efficacia ed economicità. In altre parole, la sensazione è che si stia prendendo finalmente atto che nel complesso mondo degli organismi partecipati dagli Enti locali non tutto è da buttare. Ed è un bel passo avanti rispetto alla demagogia degli ultimi anni.

La Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (c.d. “Legge di Stabilità 2014”) è stata pubblicata sulla G.U. n. 302 del 27/12/2013 – Suppl. Ordinario n. 87/L ed è entrata in vigore l’01/01/2014. Come noto, essendo stata posta la fiducia da parte del Governo, il testo della Legge è caratterizzato da un solo articolo e da 749 commi; quelli che interessano ai fini del presente lavoro sono quelli compresi fra il 550 ed il 569 e riguardano le seguenti tematiche:

1.       modalità di copertura delle perdite degli organismi partecipati (commi 550-552);

2.       concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (comma 553);

3.       limitazioni per gli organismi strumentali in perdita sistemica (commi 554-555);

4.       modifiche alla normativa di riferimento del TPL (comma 556);

5.       modifica dei divieti e delle limitazioni alle assunzioni di personale (commi 557-558);

6.       modifiche all’art. 3-bis del D.L. 138/2011 in materia di SPL a rilevanza economica (comma 559);

7.       modiche agli obblighi di pubblicità dei bilanci delle aziende speciali e delle istituzioni (comma 560);

8.       abrogazione di alcune previsioni della c.d. “spending review” e dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 (commi 561-562);

9.       la mobilità del personale fra società partecipate (commi 563-568);

10.   la cessione obbligatoria delle partecipazioni vietate (comma 569).

Il D.L. 30 dicembre 2013, n. 150 (c.d. “Milleproroghe”) è stato pubblicato sulla G.U. n. 304 del 30/12/2013 – Serie Generale ed è entrato in vigore il 31/12/2013; ai fini del presente lavoro assume particolare rilevanza l’art. 13 “Termini in materia di servizi pubblici locali”.

1.   Modalità di copertura delle perdite degli organismi partecipati

I commi da 550 a 552 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2014 prevedono che qualora le aziende speciali, le istituzioni o le società presentino un risultato d’esercizio o un saldo finanziario negativo [1], gli Enti locali soci sono obbligati ad accantonare nell’anno successivo, in apposito fondo vincolato, un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla loro quota di partecipazione.

Per le sole società che svolgono SPL a rete di rilevanza economica, compresa la gestione dei rifiuti, si dovrà invece fare riferimento alla differenza tra valore e costi della produzione, così come definiti dall’art. 2425 del Codice Civile, evitando quindi di prendere in considerazione il risultato della gestione finanziaria, della gestione straordinaria e le imposte. In questo modo il legislatore ha voluto favorire questa particolare tipologia di società, caratterizzata dalla presenza di oneri finanziari, spesso di importo rilevante, dovuti al ricorso all’indebitamento per il finanziamento degli investimenti.

Gli accantonamenti al fondo vincolato dovranno essere effettuati a decorrere dall’anno 2015, quindi con riferimento al risultato d’esercizio o al saldo finanziario dell’esercizio 2014. Inoltre, è previsto un meccanismo di accantonamento graduale per il triennio 2015- 2017; quindi la previsione andrà a pieno regime solo a partire dal 2018. In particolare:

a)      se l’organismo partecipato ha registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo, l’ente partecipante accantona, in proporzione alla quota di partecipazione:

·      nel 2015 una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nel 2014 e il risultato medio 2011-2013 migliorato del 25%;

·      nel 2016 una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nel 2015 e il risultato medio 2011-2013 migliorato del 50%

·      nel 2017 una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nel 2016 e il risultato medio 2011-2013 migliorato del 75%.

Tuttavia, se il risultato d’esercizio è peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l'accantonamento dovrà essere effettuato secondo le modalità sotto indicate.

b)     se l’organismo partecipato ha registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio positivo, l’ente partecipante accantona, in proporzione alla quota di partecipazione:

·      nel 2015 una somma pari al 25% del risultato negativo conseguito nel 2014;

·      nel 2016 una somma pari al 50% del risultato negativo conseguito nel 2015;

·      nel 2017 una somma pari al 75% del risultato negativo conseguito nel 2016 [2].

2.   Concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica

Il comma 553 rappresenta una decisa inversione di marcia anche sul tema della partecipazione delle società pubbliche al conseguimento degli obiettivi del Patto di Stabilità. Rispetto al testo dell’originario disegno di Legge di Stabilità, che prevedeva un contributo da parte delle società soprattutto in termini di riduzione del loro livello d’indebitamento, la norma oggi vigente prevede più semplicemente che dall’esercizio 2014 le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali devono concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica attraverso il perseguimento della sana gestione dei servizi, secondo criteri di economicità e di efficienza (criteri ai quali, a dire il vero, dovrebbe essere stata sempre informata l’azione amministrativa di tutti gli organismi pubblici).

Per i SPL saranno individuati appositi parametri standard dei costi e dei rendimenti, mentre per i servizi strumentali occorrerà confrontarsi con i prezzi di mercato. Per tale ultima ragione, in futuro, le società strumentali non potranno più esimersi dal verificare preventivamente se i prezzi praticati agli enti soci sono più competitivi rispetto a quelli di mercato; tale circostanza, nella maggior parte dei casi, dovrebbe comunque sussistere, poiché queste società, in genere, non hanno come finalità principale quella del lucro, ma perseguono finalità pubbliche, attraverso l’erogazione di prestazioni agli enti soci e l’ottenimento di corrispettivi sufficienti a coprire i soli costi di gestione.

3.   Limitazioni per gli organismi strumentali in perdita sistemica

Il comma 554 prevede che a decorrere dall’esercizio 2015, le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali sono obbligate a deliberare una riduzione del 30% del compenso previsto per i componenti dell’organo amministrativo nel caso in cui siano verificate entrambe le seguenti condizioni:

·         che tali società siano titolari di affidamenti diretti da parte di soggetti pubblici dai quali si origina una quota superiore all’80% del loro valore della produzione;

·         che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo.

Il riferimento alla titolarità di affidamenti diretti dai quali l’organismo partecipato consegue più dell’80% del valore della produzione fa ritenere che questa norma sia di fatto riferibile ai c.d. “organismi strumentali”, cioè a quei soggetti dediti prevalentemente, se non addirittura esclusivamente, alla produzione di beni e servizi strumentali all’attività degli Enti locali soci o allo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza di questi ultimi. La norma non sembra invece applicabile né alle società che svolgono SPL a rilevanza economica, né a quelle che svolgono altre attività d’interesse pubblico, giacché entrambe tali tipologie di società conseguono la maggior parte del valore della produzione attraverso la prestazione dei servizi agli utenti o comunque a soggetti terzi rispetto ai propri soci pubblici.

Il successivo comma 555 contribuisce a confermare che la limitazione sopra prevista interessi solo agli organismi strumentali, in quanto si prevede che, a decorrere dall’esercizio 2017, in caso di risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, i soggetti di cui al comma 554, diversi dalle società che svolgono SPL, sono posti in liquidazione entro 6 mesi dalla data di approvazione del bilancio o del rendiconto relativo all’ultimo esercizio [3]. Il mancato avvio della procedura di liquidazione determinerà la nullità di tutti gli atti di gestione assunti e la responsabilità erariale dei soci.

La decorrenza del suddetto obbligo a partire dall’esercizio 2017 evidenzia chiaramente come il legislatore intenda prendere tempo in materia di società strumentali, anche per i rischi connessi al loro scioglimento ed alla messa in liquidazione, fra cui spiccano quelli relativi alla potenziale perdita di numerosi posti di lavoro in una situazione economico-finanziaria generale caratterizzata da un forte tasso di disoccupazione, che potrebbe quindi acuire i conflitti sociali (e di cui se ne è già avuto un primo assaggio in occasione delle decisioni che molte Amministrazioni sono state chiamate ad adottare entro la fine del 2013 nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 4 del D.L. 95/2012 – oggi in massima parte abrogato – che imponeva la privatizzazione o lo scioglimento delle società strumentali).

4.   Modifiche alla normativa di riferimento del TPL

Il comma 556 della Legge di Stabilità 2014 ha modificato l’art. 18 comma 2 lettera a) del D.Lgs. 422/1997 (c.d. “Decreto Burlando”), relativo al conferimento alle Regioni ed agli Enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, prevedendo che le società che, in Italia o all’estero, sono destinatarie di affidamenti non conformi al combinato disposto degli articoli 5 e 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, e la cui durata ecceda il termine del 03/12/2019, non possono partecipare ad alcuna procedura per l’affidamento dei servizi, anche se già avviata alla data dell’01/01/2014.

Tale esclusione che si applica anche alle società controllanti, collegate e controllate dalle precedenti, mentre non si applica alle imprese affidatarie del servizio oggetto di procedura concorsuale. Quest’ultima previsione dovrebbe quindi consentire alle società che, ad oggi, sono ancora affidatarie dirette del servizio di poter partecipare alla procedura ad evidenza pubblica indetta per l’affidamento ad evidenza pubblica dello stesso.

5.   Modifica dei divieti e delle limitazioni alle assunzioni di personale

Un’altra importante modifica introdotta dalla recente Legge di Stabilità è la sostituzione totale del comma 2-bis dell’art. 18 del D.L. 112/2008, relativo all’estensione alle società pubbliche:

·         dei divieti e delle limitazioni all’assunzione del personale previste per le Amministrazioni controllanti, delle politiche per il contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per le consulenze;

·         dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità.

Il nuovo comma 2-bis, in estrema sintesi, prevede le seguenti novità:

1.       è stato ampliato l’ambito soggettivo di applicazione della norma, essendo stato previsto che la stessa trovi applicazione anche alle aziende speciali ed alle istituzioni;

2.       è stata prevista l’estensione al personale degli organismi partecipati dei vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria;

3.       è stato eliminato l’automatismo che prevedeva l’estensione alle società che gestiscono SPL a rilevanza economica delle limitazioni imposte alle Amministrazioni controllanti, in modo così da tenere conto delle specifiche esigenze di tali realtà;

4.       le Amministrazioni controllanti sono state maggiormente responsabilizzate nel definire le linee guida in materia di politiche del personale per gli organismi partecipati.

In particolare, il nuovo comma 2-bis dell’art. 18 del D.L. 112/2008 prevede che le disposizioni che stabiliscono a carico delle Amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 165/2001 dei divieti o delle limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’Amministrazione controllante, anche alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara (in passato la norma faceva riferimento solo a quelle affidatarie dirette di SPL senza gara), ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT [4].

A tali organismi partecipati si applicano anche le disposizioni che stabiliscono, a carico delle rispettive Amministrazioni locali, obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, attraverso misure di estensione al personale dei soggetti medesimi della normativa vigente in materia di vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria. A tal fine, su atto d’indirizzo dell’ente controllante, nella contrattazione di secondo livello è stabilita la concreta applicazione dei citati vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria, fermo restando il contratto nazionale di lavoro vigente all’01/01/2014.

Le società che gestiscono SPL a rilevanza economica sono escluse dall’applicazione diretta dei vincoli previsti dal comma 2-bis; per queste società, l’Ente locale controllante, nell’esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, dovrà stabilire le modalità e l’applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti.

E’ stato inoltre previsto che gli Enti locali possono escludere, con propria motivata deliberazione, dal regime limitativo di cui al comma 2-bis le assunzioni di personale per le singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi, scolastici, per l’infanzia, culturali e alla persona, fermo restando l’obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale. L’esclusione può essere prevista anche per gli organismi che gestiscono la farmacie.

La possibilità per gli Enti locali di definire con propri atti d’indirizzo le modalità di applicazione dei vincoli assunzionali e di contenimento della spesa per il personale delle società che gestiscono SPL a rilevanza economica e delle aziende speciali ed istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi, scolastici, per l’infanzia, culturali e alla persona, nonché le farmacie, deve comune tenere conto dei limiti previsti all’art. 76 comma 7 del D.L. 112/2008:

·         divieto di effettuare assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale qualora l’incidenza della spesa per il personale sia pari o superiore al 50% delle spese correnti [5];

·         possibilità di effettuare assunzioni entro il limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni avvenute nell’anno precedente [6].

6.   Modifiche all’art. 3-bis del D.L. 138/2011 in materia di SPL a rilevanza economica

Il comma 559 della Legge di Stabilità 2014 ha abrogato il comma 5 e modificato il comma 6 dell’art. 3-bis del D.L. 138/2011. Si tratta di un intervento volto a eliminare/modificare previsioni normative che riguardavano le società affidatarie “in house” di SPL a rilevanza economica e che non risultavano più coerenti con il nuovo testo dell’art. 18 comma 2-bis del D.L. 112/2008.

In particolare, le norme abrogate prevedevano l’estensione dei vincoli del Patto di Stabilità alle suddette società, nonché l’estensione automatica alle medesime dei divieti e delle limitazioni alle assunzioni imposte alle Amministrazioni controllanti in materia di assunzioni.

7.   Modiche agli obblighi di pubblicità dei bilanci delle aziende speciali e delle istituzioni

Il comma 560 della Legge di Stabilità 2014 ha sostituito il comma 5-bis all’art. 114 del TUEL, eliminando per le aziende speciali e le istituzioni, fra l’altro, la previsione relativa all’assoggettamento al Patto di Stabilità e quella che assoggettava tali organismi ai divieti e alle limitazioni previste per gli Enti locali in materia di assunzioni di personale e di ricorso alle consulenze esterne. Anche in questo caso si tratta di un intervento volto a eliminare/modificare previsioni non più coerenti con il nuovo quadro normativo.

Il nuovo comma 5-bis prevede oggi solo l’obbligo per le aziende speciali e le istituzioni di iscriversi al Registro delle Imprese o al repertorio delle notizie economico-amministrative (R.E.A.) della C.C.I.A.A. territorialmente competente e di depositare i propri bilanci entro il 31 maggio di ciascun anno.

8.   Abrogazione di alcune previsioni della c.d. “spending review” e dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010

Tante Amministrazioni locali possono tirare un sospiro di sollievo grazie all’abrogazione ad opera del comma 562 della Legge di Stabilità 2014 dei commi 1, 2, 3, 3-sexies, 9, 10 e 11 dell’art. 4 del D.L. 95/2012  che prevedevano lo scioglimento o la privatizzazione entro il 31/12/2013 delle c.d. “società strumentali”, cioè di quelle realtà che nel 2011 avevano conseguito un fatturato da prestazioni di servizi nei confronti di pubbliche amministrazioni superiore al 90% del volume complessivo dei ricavi. Sopravvivono invece, fra gli altri, i commi 7 e 8 dello stesso articolo, che sanciscono rispettivamente:

·      la regola secondo la quale le pubbliche amministrazioni dall’01/01/2014 acquisiscono sul mercato tramite gara i beni e servizi strumentali alla propria attività;

·      l’eccezione alla suddetta regola, secondo la quale a decorrere dalla stessa data l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società “in house”, conformi a quanto stabilito dalla giurisprudenza comunitaria [7].

Il legislatore pone così termine ad un dibattito durato almeno 6 mesi e che aveva portato alcune Sezioni Regionali di controllo della Corte dei Conti (Campania, Liguria e Abruzzo) a considerare l’abrogato comma 8 dell’art. 4 della “spending review” come una norma speciale per le società “in house”, mentre altre a ritenere (Lombardia e Puglia), anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 229 del 16/07/2013,che il principio sancito dal comma 8 poteva essere invocato solo nel caso di sussistenza di peculiari caratteristiche che non rendessero possibile all’Amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato. Dunque, con l’abrogazione di buona parte dell’art. 4 della “spending review” le società strumentali “in house” degli enti locali tornano ad avere piena legittimità ed il nostro ordinamento interno si riallinea ai princìpi affermati dalla giurisprudenza comunitaria, secondo la quale l’in house providing è un modello organizzativo a cui le Amministrazioni pubbliche possono legittimamente ricorrere.

Il comma 562 ha inoltre previsto anche l’abrogazione dell’art. 9 della “spending review”, cioè di quella norma, già dichiarata parzialmente incostituzionale dalla sentenza n. 236 del 17/07/2013, che aveva fortemente compresso l’autonomia organizzativa delle Regioni, delle Province e dei Comuni, imponendo la soppressione o l’accorpamento, ovvero, in ogni caso la riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20%, degli enti, delle agenzie e degli organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che, alla data del 15/8/2012, esercitavano, anche in via strumentale, funzioni fondamentali di cui all’art. 117, c. 2 let. p) della Costituzione o funzioni amministrative spettanti a Comuni, Province e Città Metropolitane.

Un’altra importante novità è rappresentata dall’abrogazione ad opera del comma 561 della recente Legge di Stabilità dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010, cioè di quella norma che aveva procurato diversi malumori agli amministratori locali di Comuni di piccole dimensioni. Tale norma, infatti, imponeva:

·      ai Comuni con meno di 30.000 abitanti di mettere in liquidazione le proprie società partecipate o di cederne le quote entro il 30/09/2013 (termine che però è stato di fatto ignorato dalla maggioranza dei Comuni interessati);

·         ai Comuni con popolazione compresa fra 30.000 e 50.000 abitanti di mantenere la partecipazione al massimo in una sola società.

9.   La mobilità del personale fra società partecipate

I commi 563-569 della recente Legge di Stabilità reintroducono nel nostro ordinamento la possibilità di attivare processi di mobilità del personale fra società pubbliche, possibilità che era stata prevista originariamente dal D.L. 101/2013, per essere poi stralciata in sede di conversione. La previsione appare piuttosto utile, soprattutto in un contesto macroeconomico come quello attuale, nel quale è sicuramente preferibile ricollocare le risorse umane là dove vi sono maggiori necessità.

Pertanto, dal 1° gennaio scorso le società controllate direttamente o indirettamente dalle PA indicate all’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 165/2001 o dai loro enti strumentali, possono accordarsi tra di loro per realizzare, anche senza il consenso del lavoratore, processi di mobilità di personale anche in servizio all’01/01/2014, in relazione ai propri fabbisogni.

I suddetti processi di mobilità:

·         necessitano della previa informativa alle rappresentanze sindacali operanti presso la società e alle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL dalla stessa applicato;

·         devono essere attuati nel rispetto dell’ordinamento professionale;

·         non possono comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica;

·         non possono avvenire tra le società partecipate e gli enti pubblici soci delle stesse;

·         non possono essere attuati dalle società quotate e dalle società dalle stesse controllate;

·         devono garantire ai lavoratori i diritti previsti dal comma 1 e 3 dell’art. 2112 del Codice Civile.

Le PA che esercitano l’attività di controllo sulle società sono tenuti ad adottare atti d’indirizzo volti a favorire l’acquisizione di personale mediante le suddette procedure di mobilità ed evitare, quindi, che le società avviino nuove procedure di reclutamento di risorse umane. Gli atti d’indirizzo devono tener conto delle esigenze di riorganizzazione delle funzioni e dei servizi esternalizzati, di razionalizzazione delle spese e di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali.

Le società che rilevino eccedenze di personale o che presentino un’incidenza delle spese di personale pari o superiore al 50% delle spese correnti, inviano un’informativa preventiva alle rappresentanze sindacali operanti presso la società e alle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL dalla stessa applicato. L’informativa deve individuare il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in eccedenza. Tali informazioni devono essere comunicate anche al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le posizioni che vengono dichiarate eccedentarie non possono essere ripristinate nella dotazione di personale, neanche mediante nuove assunzioni. Si applicano le disposizioni dell’art. 14 comma 7 del D.L. 95/2012.

La norma non prevede che la suddetta informativa debba essere comunicata dalla società anche all’ente controllante. Ciò tuttavia appare necessario, in quanto il comma 566 prevede che entro 10 giorni dal ricevimento dell’informativa, l’ente controllante proceda alla riallocazione totale o parziale del personale in eccedenza nell’ambito della stessa società mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero, presso altre società controllate dal medesimo ente o dai suoi enti strumentali con le modalità previste dal comma 563. Quindi, una volta che la società abbia rilevato eccedenze di personale ai sensi del 565, s’innesca un meccanismo che è sostanzialmente finalizzato a ridurre il costo del personale nella singola società, sia tramite riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti, che per mezzo del trasferimento di parte di essi ad altre società controllate direttamente o indirettamente dalla stessa PA.

Ai sensi del comma 567 la mobilità sopra illustrata, oltre che a poter essere legittimamente realizzata senza il consenso del lavoratore, può addirittura portare a forme di trasferimento dei dipendenti in esubero presso altre società dello stesso tipo operanti anche al di fuori del territorio della Regione ove ha sede la società interessata dalle eccedenze di personale, previa conclusione di accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Dal tenore letterale della norma pare la mobilità possa quindi avvenire anche fra società partecipate da Amministrazioni pubbliche diverse.

Nel procedimento sopra brevemente illustrato appare chiaro che l’interesse dei lavoratori è tenuto in considerazione solo nella misura in cui gli si riconosce il mantenimento dei diritti economico-giuridici già acquisiti.

Per favorire la mobilità fra società controllate, è anche previsto che quelle interessate da eccedenze di personale possono farsi carico, per un periodo massimo di 3 anni, di una quota non superiore al 30% del trattamento economico del personale trasferito, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le eventuali somme corrisposte non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive della società che accoglie i dipendenti in mobilità.

10.             La cessione obbligatoria delle partecipazioni vietate

Il comma 569 della Legge di Stabilità 2014 interviene ponendo un limite al mantenimento delle partecipazioni vietate ai sensi dell’art. 3 comma 29 della L. 244/2007 (Legge Finanziaria 2008). Si ricorderà, infatti, che tale norma, tuttora in vigore, prevede che le Amministrazioni di cui all’art. 1 c. 2 del D.Lgs. 165/2001 non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È invece sempre ammessa la costituzione di società, l’assunzione e il mantenimento di partecipazioni che producono servizi di interesse generale (società di gestione di SPL a rilevanza economica) [8].

Entro il 31/12/2010 le Amministrazioni avrebbero dovuto cedere a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica. Ma tale termine è stato interpretato dalla magistratura contabile [9] come la data entro la quale gli enti avrebbero dovuto avviare la procedura di dismissione, ma non obbligatoriamente completarne l’iter. Quindi, entro tale termine gli Enti hanno deliberato la dismissione delle partecipazioni vietate, ma in molti casi non hanno ancora effettivamente ceduto tali partecipazioni, spesso non per inerzia, ma a causa della scarsa appetibilità di tali partecipazioni o del loro modico valore che rende antieconomica l’effettuazione di una procedura ad evidenza pubblica [10].

Pertanto, il comma 569 della Legge di Stabilità recentemente approvata interviene per risolvere questa impasse, prevedendo che la cessione delle partecipazioni incompatibili con le finalità istituzioni dell’ente dovranno essere cedute ad evidenza pubblica entro il 30/04/2014, termine decorso il quale la partecipazione non alienata cesserà di avere ogni effetto. In tal caso, entro i 12 mesi successivi la società dovrà liquidare in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, del Codice Civile (in pratica, al valore di mercato, se lo Statuto non prevede criteri specifici).

11.             Proroga dei termini in materia di SPL

L’art. 13 del D.L. 150/2013 (c.d. “Milleproroghe”) interviene prevedendo che, in deroga a quanto previsto dall’art. 34 comma 21 del D.L. 179/2012, laddove l’ente di governo dell’ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo abbia già avviato le procedure di affidamento, al fine di garantire la continuità del servizio, questo venga espletato dal gestore o dai gestori già operanti fino al subentro del nuovo gestore, e comunque non oltre il 31/12/2014.

Inoltre, è stato previsto che la mancata istituzione o designazione dell’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale, ovvero, la mancata deliberazione dell’affidamento entro il termine del 30/06/2014, comporta l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Prefetto competente per territorio, che provvede agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento entro il 31/12/2014. Le relative spese rimangono a carico dell’ente inadempiente.

Il mancato rispetto dei termini di cui sopra comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31/12/ 2014.

Le suddette previsioni non si applicano al servizio di distribuzione del gas naturale, al servizio di distribuzione dell’energia elettrica, alla gestione delle farmacie comunali.

 


[1] Sembra logico ritenere che per le società e le aziende speciali dovrà essere fatto riferimento al “risultato d’esercizio”, mentre per le istituzioni al “saldo finanziario”.

[2] Alcuni esempi chiariranno il meccanismo previsto dal comma 552 della Legge di Stabilità 2014.

Esempio con risultato medio del triennio 2011-2013 negativo:

risultato medio del triennio 2011-2013: -50.000

risultato 2014: -100.000, risultato 2015: -100.000, risultato 2016: -100.000

accantonamento 2015 (con riferimento al risultato del 2014): [(-100.000) – (-50.000 x 0,75)] = 62.500

accantonamento 2016 (con riferimento al risultato del 2015): [(-100.000) – (-50.000 x 0,5)] = 75.000

accantonamento 2017 (con riferimento al risultato del 2016): [(-100.000) – (-50.000 x 0,25)] = 87.500

Esempio con risultato medio del triennio 2011-2013 positivo:

risultato medio del triennio 2011-2013: +50.000

risultato 2014: -100.000, risultato 2015: -100.000, risultato 2016: -100.000

accantonamento 2015 (con riferimento al risultato del 2014): -(-100.000 x 25%) = 25.000

accantonamento 2016 (con riferimento al risultato del 2015): -(-100.000 x 50%) = 50.000

accantonamento 2017 (con riferimento al risultato del 2016): -(-100.000 x 75%) = 75.000

[3] Per l’anno 2017 il periodo di osservazione sarà quindi quello compreso fra il 2012 ed il 2016.

[4] Si ricorda che nel corso del tempo l’art. 18 comma 2-bis, nella parte in cui definisce le società pubbliche che ricadono nell’ambito applicativo della norma (parte che è stata riproposta tale e quale dal comma 557 della Legge di Stabilità 2014), è stato oggetto di interpretazioni diverse da parte della magistratura contabile. Nel 2012 si è tuttavia consolidata un’interpretazione che tende a circoscrivere l’applicazione della norma alle sole società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo inserite nel conto economico consolidato della P.A., come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1 comma 5 della Legge 311/2004. Nel parere n. 7 del 10/01/2012, n. 219 del 15/05/2012 e n. 260 del 29/05/2012 la Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Lombardia, ha affermato che l’inclusione di una società nel conto economico consolidato della P.A. è il prerequisito necessario affinché una società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo titolare di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara o una società che svolga funzioni volte a soddisfare esigenze d’interesse generale, aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero, una società che svolga attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, sia tenuta ad osservare i divieti o le limitazioni alle assunzioni del personale previste per l’Amministrazione pubblica socia della stessa.

Si ricorda che l’elenco ISTAT non comprende la generica categoria della “società pubbliche”, ma individua nominativamente solo alcune realtà. Tale elenco, inoltre, nel corso del tempo ha perso la sua funzione di mera lista statistica, per acquisire invece il ruolo di lista a cui il legislatore sempre più spesso riconnette situazioni giuridiche anche pregiudizievoli per i soggetti che vi sono iscritti. Pertanto, si concorda con quanti sostengono che, in conformità al principio di certezza del diritto, è necessario attenersi a un’interpretazione restrittiva di tale elenco, abbandonando la tesi, sostenuta per esempio dalla Sez. Reg. di Controllo per la Toscana della Corte dei Conti (parere n. 12 del 21/03/2011), seconda la quale l’elenco ISTAT avrebbe solo un valore ricognitivo e non costitutivo dei requisiti che determinano l’inclusione di un soggetto nel settore delle “Amministrazioni pubbliche”.

[5]L’art. 1 comma 558 let. a) della Legge di Stabilità 2014 ha previsto che ai fini del computo della percentuale del 50% si calcolano anche le spese sostenute dalle aziende speciali e dalle istituzioni, oltre che dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di SPL senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della Pa a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.

[6] Per il 2014 il limite del 40% è stato elevato al 50% dall’art. 9 comma 7 del D.L. 102/2013 per gli Enti locali in sperimentazione ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. 118/2011.

[7] Si ricorda che la consolidata giurisprudenza comunitaria prevede che, affinché il rapporto fra la società e l’Amministrazione pubblica possa definirsi del tipo “in house providing”, devono essere soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizione:

1.     il capitale sociale deve essere interamente posseduto da enti pubblici;

2.     la società deve svolgere l’attività prevalente con i soci pubblici;

3.     la società deve essere soggetta al “controllo analogo” da parte degli enti pubblici soci, cioè ad un controllo analogo a quello che gli stessi svolgono sui propri Servizi interni.

[8] Relativamente al concetto di servizi di interesse generale la Corte Costituzionale nella sentenza 325/2010 (par. 6.1) ha chiarito che:

·       in ambito comunitario non viene mai utilizzata l’espressione “servizio pubblico locale di rilevanza economica”, ma solo quella di “servizio di interesse economico generale” (SIEG);

·       in base alle interpretazioni elaborate dalla giurisprudenza comunitaria e dalla Commissione europea emerge con chiarezza che la nozione comunitaria di SIEG, ove limitata all’ambito locale, e quella interna di SPL di rilevanza economica hanno “contenuto omologo”, come riconosciuto già dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 272 del 2004.

[9] Secondo la Corte dei Conti, Sez. Reg. Controllo Lombardia (deliberazione n. 48 del 8/7/2008):

 “… le pubbliche amministrazioni, entro il termine fissato per legge, devono avviare la procedura di dismissione, ma non obbligatoriamente completarne l’iter. E ciò per evitare svendite o speculazioni dei soggetti privati nella determinazione del prezzo di acquisto della partecipazione o della società in mano pubblica.”

[10] La procedura di cessione delle partecipazioni vietate in molti casi si presenta come un vero e proprio percorso ad ostacoli. In questa sede ci si limita ad evidenziare i seguenti profili di criticità, che devono essere tenuti in debita considerazione dagli addetti ai lavori:

·       presenza nello Statuto della società di clausole di intrasferibilità, prelazione e/o gradimento;

·       obblighi specifici previsti in eventuali patti parasociali;

·       difficoltà nella stima del valore a base d’asta della partecipazione;

·       rischio di diffusione di informazioni riservate.

 


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