L’affidamento dei SPL a rilevanza economica dopo il referendum abrogativo dell’art. 23-bis del D.L. 112/2008

Alessandro Manetti, Dottore Commercialista, Consulente e Responsabile Scientifico CE.S.PA. Centro Studi Partecipate
 

Il referendum del 12 e 13 giugno scorso ha abrogato, fra l’altro, l’intero art. 23-bis del D.L. 112/2008, norma che prevedeva le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali (SPL) a rilevanza economica, cioè di quei servizi di interesse generale che vengono prestati nei confronti dell’intera collettività ed offerti agli utenti dietro il pagamento di un prezzo (o canone) che serve a coprire i costi, oltre che a remunerare il capitale investito.

L’esito del quesito referendario in commento non ha un impatto solo sulla gestione dell’acqua, ma avrà effetti rilevanti su tutti i SPL, ad eccezione di quelli che erano già stati esclusi per espressa volontà legislativa dall’applicazione dell’art. 23-bis (distribuzione del gas naturale, distribuzione dell’energia elettrica, trasporto ferroviario regionale, gestione delle farmacie comunali).

La riforma dei SPL a rilevanza economica, operata attraverso la norma ora abrogata, partiva dalla seguente considerazione di stampo liberista: gli Enti locali e le loro società hanno storicamente dimostrato di non sapere gestire in modo efficace, efficiente ed economico i SPL e, quindi, era necessario un cambiamento della loro “mission” da soggetti “imprenditori pubblici” a soggetti “regolatori” del mercato, impegnati a garantire la concorrenzialità e la qualità dei servizi, la cui gestione doveva essere, di norma, affidata a privati o al socio privato di società miste. A prescindere dal fatto che si fosse più o meno d’accordo con tale impostazione – le capacità di gestione dei soggetti privati, infatti, devono essere accertate caso per caso, così come le eventuali incapacità dei soggetti pubblici – la stessa risulta oggi superata dalla volontà popolare.

I principali effetti dell’abrogazione dell’art. 23-bis che si possono già intravedere a pochi giorni di distanza dall’esito del voto, possono essere i seguenti:

1.   come previsto nella sentenza n. 24/2011 della Corte Costituzionale di ammissibilità dei quesiti referendari, all’abrogazione dell’art. 23-bis non consegue la reviviscenza delle norme dallo stesso abrogate (commi 5, 5-bis, 6, 7, 8, 9, escluso il  primo  periodo, 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater dell’art. 113 del T.U.E.L.); la reviviscenza, infatti, è stata costantemente esclusa in simili ipotesi sia dalla giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale – sentenze n. 31/2000 e n. 40/1997 – che da quella della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato;

2.   anche le previsioni contenute nel D.P.R. 168/2010 di attuazione dell’abrogato art. 23-bis risultano oggi espunte dal sistema giuridico; resta solo il dubbio se tutte le previsioni siano abrogate o se, invece, possano rimanere in vigore quelle che non rappresentavano puntuale attuazione dell’art. 23-bis come, per esempio, la previsione di cui all’art. 2 del regolamento in tema di verifica da parte degli Enti locali dei settori sottratti alla liberalizzazione e dei benefici derivanti dal mantenimento di un regime di  esclusiva del singolo servizio;

3.   il vuoto normativo creato dal risultato referendario in materia di affidamento dei SPL a rilevanza economica viene colmato dai principi generali dell’ordinamento comunitario e da quelli affermati negli ultimi anni dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, così come ribadito dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 24/2011 sopra citata. Tali principi consentono agli Enti di procedere all’affidamento dei SPL a rilevanza economica secondo una delle seguenti modalità alternative:

  • ad imprenditori privati individuati tramite procedura ad evidenza pubblica;
  • direttamente a società miste pubblico-private, con socio privato scelto tramite procedura ad evidenza pubblica, nell’ambito del cosiddetto partenariato pubblico-privato (PPP);
  • direttamente a società in house dell’ente affidante.

Nel nuovo scenario post referendum torna quindi alla ribalta l’affidamento diretto a società in house, che perde quel carattere di “eccezionalità” che gli era stato conferito dal comma 3 dell’art. 23-bis, per tornare invece ad essere una modalità ordinaria di affidamento dei servizi in commento. A tale riguardo, tuttavia, gli Enti non potranno prescindere dal fornire adeguata motivazione alla scelta di sottrarre un servizio dal sistema concorrenziale e dovranno tenere presente che l’affidamento diretto è possibile solo a società in house propriamente dette, cioè ad organismi che soddisfano contemporaneamente i seguenti principi:

  • il capitale della società deve essere e deve rimanere tutto in mano pubblica (ma non è necessario che la società sia partecipata esclusivamente dall’Ente affidante);
  • la società deve svolgere la propria attività prevalentemente con il socio o i soci pubblici affidanti;
  • il socio o i soci pubblici devono esercitare sulla società un “controllo analogo” a quello che gli stessi svolgono sui propri servizi interni (quest’ultima condizione si è manifestata nella prassi come quella più delicata e difficile da soddisfare).

4.   le discipline di settore torneranno a prevalere sulla disciplina generale. Non dobbiamo dimenticare che l’art. 23-bis, ancorché norma di carattere generale, per espressa volontà del legislatore prevaleva sulle discipline di settore con essa incompatibili (comma 1, secondo periodo). Venuta meno tale previsione, i singoli settori di appartenenza dei SPL tornano ad essere disciplinati dalle norme speciale ancora in vigore;

5.   gli affidamenti di SPL a rilevanza economica in essere che erano stati affidati direttamente a società in house o a società mista con socio privato scelto con gara, ma senza attribuzione di compiti operativi, continueranno ad espletare i loro effetti fino alla scadenza naturale prevista dal contratto di servizio (secondo l’art. 23-bis tali gestioni avrebbero dovuto cessare improrogabilmente entro il 31/12/2011, senza necessità di un’apposita deliberazione dell'ente affidante);

6.   per le società quotate in borsa risorge invece il problema della legittimità degli affidamenti in essere, che l’art. 23-bis avrebbe consentito di regolarizzare attraverso il rispetto di un piano di privatizzazione che prevedeva la progressiva riduzione della partecipazione pubblica ad una quota non superiore al 30% entro il 31/12/2015. Sul tema sarà quindi necessario un rapido intervento legislativo per evitare ripercussioni negative sulle quotazioni dei titoli di queste società.

 
 
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