La trasparenza dei siti web delle società partecipate: obblighi di pubblicazione e problematiche interpretative

Alessandro Manetti, Responsabile Scientifico CE.S.PA. – Centro Studi Partecipate

Il Dipartimento della Funzione Pubblica è intervenuto per chiarire e delineare l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione delle regole di trasparenza e degli obblighi di pubblicazione di cui alla Legge 190/2012 e al D.Lgs. 33/2013, con particolare riferimento agli enti e ai soggetti di diritto privato controllati, partecipati, finanziati e vigilati dalle Pubbliche Amministrazioni. La circolare 1/2014 ha individuato la categoria generale degli “enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse” alla quale devono applicarsi le regole di trasparenza. In tale categoria rientrano:

  1. gli enti che svolgono attività di pubblico interesse in virtù di un rapporto di controllo: in questo caso, le norme sulla trasparenza devono essere applicate all’intera organizzazione (e all’attività) dell’ente considerato, salvo che si dimostri che il controllo non sia finalizzato allo svolgimento di “attività di pubblico interesse”, ma di mere attività economiche o commerciali di rilievo esclusivamente privatistico (circostanza quest’ultima che, nella maggior parte dei casi, stride fortemente con le finalità istituzionali dell’Amministrazione pubblica controllante);
  2. gli enti che svolgono attività di pubblico interesse in virtù di un rapporto di partecipazione minoritaria: le disposizioni sulla trasparenza non devono essere applicate all’intera organizzazione dell’ente considerato, ma solo a quella parte dell’organizzazione (e dell’attività) che consiste in “attività di pubblico interesse”.

In merito al “rapporto di controllo”, la Funzione Pubblica sostiene che la lettura integrata delle disposizioni dell’art. 11 e dell’art. 22 del D.Lgs. 33/ 2013 conduce a considerare come “controllati”:

  • in primo luogo, gli enti di diritto privato e non le sole società partecipate, in tal modo estendendo, coerentemente con le finalità indicate dalla legge, l’ambito di applicazione degli obblighi di pubblicità anche a soggetti di diritto privato non aventi la forma della società (fondazioni, associazioni, consorzi, ecc.);
  • in secondo luogo, gli enti che siano, da un lato, sottoposti al controllo di cui all’art. 2359 del Codice Civile e, dall’altro, siano “costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”, secondo la definizione dell’art. 22.

Da quanto sopra discende che gli “enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse” devono predisporre il Programma per la trasparenza e l’integrità con le stesse finalità disciplinate dall’art. 10 del D.Lgs. 33/2013. Tale programma deve definire le misure, i modi e le iniziative volte all’attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, ivi comprese le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi. Il Programma per la trasparenza e l’integrità costituisce di norma una sezione del Piano di prevenzione della corruzione.

Gli “enti di diritto privato che svolgono attivita’ di pubblico interesse” devono inoltre nominare il Responsabile per la trasparenza, che, di norma, coincide con il Responsabile per la prevenzione della corruzione. Tale responsabile è individuato dall’organo di indirizzo politico “di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio”, circostanza questa che, soprattutto negli organismi partecipati di piccole dimensioni, creare molte incertezze.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica conferma quanto già previsto nel Piano Nazionale Anticorruzione relativamente agli enti ai quali si applica il D.Lgs. 231/2001, che adottano un modello di organizzazione e di gestione idoneo alla prevenzione di reati e che affidano ad un organismo di vigilanza (cosiddetto OdV) la verifica del modello; in questi casi, al fine di evitare duplicazioni, il modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001 ed il Programma per la trasparenza e l’integrità possono essere contenuti in unico documento, nel quale potranno essere valutati anche i rischi di corruzione, inserendovi i contenuti del Piano di prevenzione della corruzione ex Legge 190/2012.

Infine, con un’interpretazione che lascia perplessi, nella circolare viene affermato che anche gli “enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse” sono tenuti ad osservare l’obbligo di pubblicazione dei dati relativi agli “organi di indirizzo politico” previsto all’art. 14 del D.Lgs. 33/2013. Secondo il Dipartimento della Funzione Pubblica, infatti, negli enti di diritto privato la distinzione tra organi di indirizzo e organi di gestione è meno rilevante di quanto possa avvenire nelle pubbliche amministrazioni; pertanto, la trasparenza sugli organi interni deve essere riferita a tutti gli organi di governance dell’ente.

Da ciò consegue che, relativamente al Presidente, all’amministratore delegato e ai membri del consiglio di amministrazione dell’organismo partecipato, dovranno essere pubblicati sul sito internet istituzionale:

  1. l’atto di nomina, con l’indicazione della durata dell’incarico;
  2. il curriculum;
  3. i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, nonché gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
  4. i dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
  5. gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti;
  6. le dichiarazioni di cui all’art. 2 della Legge 441/1982, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli artt. 3 e 4 della medesima legge, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano (in ogni caso, deve essere data evidenza del mancato consenso).

I dati di cui sopra devono essere pubblicati entro tre mesi dalla nomina e devono rimanere pubblicati per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la  dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell’incarico.

 


Riproduzione riservata

Per altri articoli di approfondimento clicca qui